CREATO PER ZUCCHETTI

Il sistema manifatturiero italiano ha retto durante la pandemia. Ma ora la ripresa è affidata alla transizione digitale, che è al centro dei piani di investimento europei e degli incentivi nazionali. L’innovazione passa per i software capaci di gestire e far fruttare i flussi di dati originati dalle attività integrate delle aziende

Il settore manifatturiero rappresenta un quinto del Prodotto interno lordo italiano, ed è stato sempre l’asse portante dell’economia made in Italy. Ha continuato a esserlo anche durante la pandemia, come indica il Purchase Managers’ Index della manifattura, che ha registrato una crescita durante gli ultimi otto mesi.
Quello che è mancato, finora, però, è stato un impulso forte e deciso per la digitalizzazione del settore. È un riflesso di un più complessivo ritardo nazionale, dato che l’Italia è quart’ultima in Europa nel Digital Economy and Society Index (DESI), che tiene conto di indicatori come la connettività, l’uso dei servizi internet da parte dei cittadini, l’integrazione della tecnologia digitale da parte delle aziende e la digitalizzazione dei servizi pubblici.
Qualcosa, però, nel mondo industriale italiano, si sta muovendo. Dall’“Industria 4.0 Survey 2021” realizzato da The Innovation Group e Contact Value nel febbraio scorso, emerge che l’81% delle aziende ha già qualche iniziativa di questo tipo e il 59% anche più di un progetto. E secondo un report di Deloitte, durante la pandemia il 63% delle imprese italiane consultate non solo non ha interrotto i flussi di capitali a supporto dei progetti di Smart Manufacturing, ma ha accelerato il finanziamento.